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Gestosi in gravidanza e aspirina

Gestosi in gravidanza e aspirina

L'assunzione di basse dosi di aspirina potrebbe aiutare a prevenire la gestosi in gravidanza, un disturbo legato alla pressione che può portare a una complicanza gravidica nota come preeclampsia. Quando i sintomi della gestosi non vengono curati adeguatamente, lo stato patologico evolve da preecalmpisa a eclampsia, una condizione rischiosa che in alcune situazioni può essere letale sia per la madre che per il bambino. Basse dosi di acido acetilsalicilico, il principio attivo dell'aspirina, potrebbero quindi essere consigliate in quelle donne che presentano un rischio più alto di ipertensione gestazionale. I risultati dello studio che ha esaminato i possibili effetti benefici sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine (Aspirin versus Placebo in Pregnancies at High Risk for Preterm Preeclampsia - Doi: 10.1056/NEJMoa1704559).

Daniel L. Rolnik, primo autore dello studio e ricercatore presso il King's College Hospital di Londra, spiega che dall'analisi dei dati raccolti, l'aspirina in gravidanza può essere utile per prevenire la preeclampsia sia nelle donne sane che in quelle con un rischio più elevato. Per condurre l'indagine sono state coinvolte 1772 donne ricoverate in 13 reparti di maternità situati in: Belgio, Grecia, Italia, Israele, Regno Unito e Spagna. Del totale, 152 donne hanno ritirato il consenso durante l'indagine e di altre 4 è stato perso durante il periodo di follow-up. I dati finali sono quindi relativi a 1620 donne, predisposte alla preeclampsia, divise in due gruppi.

I maniera casuale, alcune donne sono state trattate con 150 mg di aspirina al giorno a partire da un periodo compreso tra l'11esima e la 14esima settimana di gestazione fino alla 36esima, ad altre è stato invece somministrato un placebo. In totale, le donne che hanno assunto basse dosi di acido acetilsalicilico sono state 798, quelle che hanno assunto un placebo 822, l'età media nel primo gruppo era di 32 anni mentre nel secondo era di 31 anni.

Incrociando tutte le informazioni, si è rilevato in maniera chiara che basse dosi di aspirina possono essere utili per ridurre considerevolmente il rischio di preeclampsia. Nel gruppo delle gestanti sottoposte alla terapia con aspirina, i casi di preeclampsia sono stati appena 13 (l'1,6 per cento), nel gruppo di controllo sono stati invece diagnosticati 35 casi (il 4,3 per cento). Si può quindi affermare che tale terapia è utile per prevenire la gestosi. Per quanto riguarda possibili effetti dell'aspirina in gravidanza, tra i due gruppi non sono state rilevate differenze significative. Una dose di 150 mg al giorno, per 22 settimane, non ha evidenziato alcun effetto collaterale ne complicanza.

I dati di questa nuova indagine confermano quanto osservato in studi precedenti. In un comunicato dell'USPTF pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine (Low-Dose Aspirin Use for the Prevention of Morbidity and Mortality From Preeclampsia: U.S. Preventive Services Task Force Recommendation Statement - Doi: 10.7326/M14-1884), si consigliava, dopo il terzo mese di gravidanza, l'assunzione controllata di basse dosi di aspirina (tra i 50 e i 160 mg/die) per prevenire il rischio di preeclampsia. In quell'occasione, un'analisi di 19 studi randomizzati e controllati, aveva mostrato che una terapia a basse dosi di acido acetilsalicilico non causa nessun danno a breve termine, ciò nonostante, la raccomandazione del trattamento è rivolta solo alle donne con un alto rischio di gestosi. Oltre a ridurre del 24 per cento il rischio di preeclampsia, l'indagine rilevò che la terapia era anche in grado di ridurre del 14 per cento il rischio di parto pretermine.

Come evidenziato, la terapia non è però consigliata in maniera indiscriminata a tutte le donne ma solo a quelle che corrono un rischio più alto di avere un pericoloso aumento della pressione del sangue. Rientrano in questa categoria le gestanti che hanno avuto una precedente storia di preeclampsia in gravidanza, le persone che soffrono di diabete e quelle con ipertensione.

La preeclampsia può comunque svilupparsi anche se non si è dei soggetti a rischio e, a seconda delle varie aree geografiche, interessa tra il 2 e l'8 per cento delle gravidanze in tutto il mondo. Secondo alcune indagini, circa il 15 per cento di tutti i parti pretermine sarebbero riconducibili a questa patologia.

Gestosi in gravidanza (preeclampsia)

Gestosi in gravidanza e preeclampsia

Cosa è la preeclampsia? Prima di spiegare alcuni aspetti di questa patologia, cerchiamo di fare un po' di chiarezza sui termini utilizzati. Alcune volte si utilizza la parola gestosi come sinonimo di preeclampsia (riportato anche nella forma pre-eclampsia), si tratta però di un termine generico (utilizzato per indicare tutte quelle situazioni dove c'è un problema di pressione nel periodo della gravidanza) che, nonostante sia ancora molto utilizzato, è obsoleto.

Sintomi preeclampsia

La preeclampsia è una condizione fisica, che si può manifestare dopo la 20esima settimana di gravidanza, caratterizzata da proteinuria (presenza di proteine nelle urine) e ipertensione (pressione arteriosa superiore a 140/90 mmHg). Nella maggior parte dei casi il decorso è lento e difficilmente diagnosticabile all'esordio, ci possono però essere delle situazioni dove l'esordio è fulmineo.

Per la diagnosi, considerando che si tratta di una patologia spesso asintomatica, sono molto importanti le visite di controllo in gravidanza e gli esami di laboratorio prescritti dal ginecologo (esami del sangue e delle urine).

Altri campanelli d'allarme, che potrebbero incrementare il rischio di preeclampsia e di conseguenza richiedono una maggiore attenzione, sono il diabete gestazionale e un eccessivo aumento di peso in un lasso di tempo ridotto. Per esempio se si prende 1Kg, o più, nel giro di pochi giorni. In queste situazioni può essere utile, con il supporto del ginecologo e/o del nutrizionista, rivedere la propria dieta.

Se ci si accorge della presenza di edemi (un accumulo di liquidi)periferici, bisogna avvisare il ginecologo nel corso della visita periodica. Alcuni elementi utili per accorgersi di questa condizione sono le mani gonfie, si potrebbe ad esempio avere una certa difficoltà nel togliere l'anello, o le caviglie gonfie, il calzini lasciano dei segni profondi sulla pelle. Anche se la ritenzione idrica da sola non è sintomo di preeclampsia, è comunque importante non trascurare questo segnale.

La preeclampsia non presenta sintomi tipici, è bene però non trascurare i seguenti campanelli d'allarme:

  • Ritenzione dei liquidi (gonfiore alle mani, al viso o alle gambe)
  • Aumento di peso in un breve lasso di tempo (1 o più Kg nel giro di 1-2 giorni)
  • Dolore nella parte alta dell'addome
  • Disturbi visivi
  • Mal di testa (cefalea)
  • Vertigini
  • Vomito
  • Riduzione della diuresi

Alcuni di questi sintomi potrebbero essere più marcati in presenza di eclampsia, una condizione che si raggiunge nel caso in cui non si tratta adeguatamente la preeclampsia. La misurazione della pressione arteriosa in gravidanza rimane comunque una pratica fondamentale per la prevenzione e l'identificazione precoce della preeclampsia.

Il ginecologo formula una diagnosi di preeclampsia quando vi è un riscontro, in almeno due o tre determinazioni distanziate di 4-6 ore, di valori della pressione arteriosa superiori a 140/90 e presenza di proteine nelle urine.

Le cause della preeclampsia

Ancora oggi non ci sono informazioni complete sulle cause della preeclampsia e numerose ricerche scientifiche ne stanno studiando i vari fattori. Una delle ipotesi, non condivisa da tutti, è che una riduzione del flusso sanguigno nelle arterie uterine possa determinare un incremento delle resistenze e, di conseguenza, portare ad un aumento della pressione arteriosa.

Alcuni fattori di rischio che possono incrementare o sono collegati alla preeclampsia:

  • Diabete
  • Età, al momento del concepimento, inferiore a 19 anni o superiore ai 40 anni
  • Gravidanze multiple
  • Infezioni urinarie
  • Ipertensione pregravidica
  • Madre o sorella che hanno presentato Preeclampsia
  • Malattie autoimmuni
  • Malattie renali
  • Obesità
  • Preeclampsia in una precedente gravidanza
  • Progressivo leggero incremento dei valori pressori con l'avanzare della gestazione

Preeclampsia severa: eclampsia

Se la preeclampsia non viene curata adeguatamente, o la gestante non segue le indicazioni del ginecologo, ci può essere una complicazione potenzialmente letale della patologia, l'eclampsia. In alcuni casi si può verificare anche la sindrome di HELLP, una condizione che si manifesta con la concomitanza di gestosi grave, emolisi (processo di distruzione dei globuli rossi), riduzione delle piastrine e aumento degli enzimi epatici.

Quando si arriva a queste forme particolarmente gravi, solitamente si procede con il parto indipendentemente dall'epoca gestazionale per prevenire possibili danni irreversibili sulla salute della donna. Se invece si riesce a tenere sotto controllo la preeclampsia, specie se si è in un'epoca pretermine, il ginecologo cercherà di guadagnare tempo per migliorare le probabilità di sopravvivenza del bambino.

Terapia per la preeclampsia

In base ai risultati di numerosi studi, l'aspirina a basse dosi può essere realmente efficace per prevenire la patologia in quelle donne che presentano un alto rischio di eclampsia. Dei benefici, stando alle conclusioni di altre ricerche, si possono ottenere anche mangiando circa 30 grammi di cioccolato fondente al giorno o assumendo degli adeguati livelli di acido folico in gravidanza. La vitamina B9, comunemente nota come acido folico, oltre a prevenire malformazioni nel tubo neurale del feto risulta essere utile anche per prevenire la preeclampsia.

Preeclampsia dopo il parto

In alcuni casi la preeclampsia può persistere, o si conclama, anche dopo che la donna ha partorito (preeclampsia post parto). Il rischio di tale condizione potrebbe quindi non sparire con la nascita del bambino ma può persistere fino a due mesi oltre la data del parto. I sintomi della preeclampsia post parto sono gli stessi che si presentano durante la gravidanza: pressione superiore a 90/140, eccesso di proteine nelle urine, mal di testa, nausea, giramenti di testa, disturbi della vista, ecc..

Il periodo più rischioso è quello immediatamente successivo alla nascita del bambino (dalle 24 alle 48 ore dopo il parto). Se questa condizione viene trattata in tempo ha però una prognosi molto favorevole e, considerando che si è ancora in ospedale, sono rari i casi di complicazioni.

La patologia potrebbe però presentarsi anche dopo le dimissioni, se si dovessero rilevare i sintomi elencati non bisogna quindi sottovalutarli ed è il caso di sentire al più presto il proprio ginecologo.


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