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Chemioterapia tumore seno: quando si può evitare?

Donna con tumore al seno

In alcuni casi si può evitare la chemioterapia per il tumore al seno e, molto probabilmente, in futuro questa cura per il cancro lascerà il posto a terapie meno invasive e personalizzate come l'immunoterapia oncologica e la terapia a bersaglio molecolare. Dopo una diagnosi di tumore al seno i medici devono decidere se sottoporre o meno la paziente a chemioterapia. Quando si effettua prima dell'intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante) ha lo scopo di ridurre la massa tumorale in modo da rendere l'intervento meno demolitivo e al tempo stesso migliorarne l'efficacia. Quando invece si effettua dopo l'intervento chirurgico, chemioterapia adiuvante, ha lo scopo di prevenire il ritorno della malattia.

In base ai dati di alcune indagini, circa un quarto delle donne sottoposte a un'operazione per cancro al seno potrebbero evitare la chemioterapia adiuvante. Ma come si può sapere in anticipo se si può fare a meno di questo trattamento oncologico? Esistono dei test, come il MammaPrint e l'Oncotype dx, in grado di valutare il rischio di recidiva. Si tratta di test molecolari, molto affidabili, in grado di predire se in una paziente operata di tumore al seno la chemioterapia può essere efficace e se il tumore si può riformare entro 10 anni dalla diagnosi.

Annualmente, in Italia, si ammalano di tumore al seno più di 50mila donne e 500 uomini. I dati ISTAT sulla mammella, relativi al 2016, parlano di 50.200 nuovi casi di tumore per le donne e 500 per gli uomini. Poter evitare la chemioterapia adiuvante quando non necessaria, permetterebbe di non esporre a potenziali effetti collaterali migliaia di donne. Inoltre, si risparmierebbero ingenti risorse economiche che il Sistema Sanitario Nazionale potrebbe impiegare in altri ambiti come quelli della ricerca.

Circa la metà delle donne con tumore al seno, dopo l'intervento chirurgico, vengono sottoposte a uno o più cicli di chemioterapia, non sempre è però efficace e in alcuni casi potrebbe essere evitata perché il rischio di recidiva è molto basso. Attualmente in Italia si sta testando l'Oncotype DX e, le pazienti eleggibili, possono effettuare gratuitamente il test grazie al programma di sperimentazione PONDx. Il test non è purtroppo disponibile in tutte le regioni, di seguito riportiamo una tabella con l'elenco dei centri dove si può effettuare:

Centri italiani che utilizzano il test genomico Oncotype DX
Regione Struttura sanitaria
Abruzzo Chieti - Policlinico SS. Annunziata - Breast Unit
Campania Napoli - Policlinico Universitario Federico II - Oncologia
Napoli - Istituto Nazionale Tumori "Fondazione G. Pascale" - Oncologia Medica Senologica
Emilia Romagna Breast Unit dell'Ospedale S.Orsola-Malpighi di Bologna
Lazio Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Policlinico Universitario Agostino Gemelli U.O. Chirurgia Senologica, Roma
Istituti Fisioterapici Ospitalieri, Istituto Regina Elena - Oncologia "A" e Oncologia "B", Roma
Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Ospedale San Camillo U.O.S. Tumori della mammella, Roma
Azienda Policlinico Umberto I, Policlinico Umberto I, Oncologia "B", Roma
Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Ospedale San Giovanni - Centro di Senologia, Roma
Presidio Territoriale di Prossimità Nuovo Regina Margherita, Ospedale Nuovo Regina Margherita - DH Oncologico, Roma
Presidio Ospedaliero San Paolo, Ospedale San Paolo, DH Oncologico, Civitavecchia
Policlinico Campus Biomedico (Oncologia), Roma
Ospedale S. Giovanni Calibita Fatebenefratelli - Isola Tiberina (Oncologia/Chirurgia Senologica), Roma
Azienda Sanitaria Locale Frosinone, Ospedale SS. Trinità - UOC Oncologia, Sora (Frosinone)
Lombardia Istituto Europeo di Oncologia: Divisione di Senologia Medica, Milano
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori: Oncologia Medica 1 - Fond. IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano
Istituto Clinico Humanitas: Unità di Senologia - Breast Unit - Humanitas Cancer Center, Rozzano (Milano)
ASST degli Spedali Civili di Brescia, Unità Operativa di Oncologia (Breast Unit) Ingresso Ospedale Centrale: Scala 2 - piano 3°, Brescia
ASST Papa Giovanni XXIII, Unità di Oncologia, Bergamo
ASST di Cremona, Chirurgia senologica- Breast Unit, Azienda Ospedaliera "Istituti Ospitalieri", Cremona
Ospedale Valduce, Como
ASST Bergamo Ovest, Unità Operativa Complessa di Oncologia Ospedale "Treviglio-Caravaggio" di Treviglio
Gruppo Multimedica (Sesto San Giovanni (MI), Castellanza (VA), Ospedale San Giuseppe, Milano)
Ospedale San Raffaele: Servizio di Oncologia Medica, Day Hospital e Macroattività Ambulatoriale Complessa, Milano
Marche Ancona - Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti Ancona - Oncologia

Per il momento il test Oncotype DX viene effettuato gratuitamente a quelle donne che presentano un tumore al seno invasivo, positivo ai recettori ormonali e con linfonodi negativi o positivi fino a un massimo di 3. Inoltre, per essere eleggibili, i prelievi anatomo-clinici e biologici devono confermare che la paziente si trovi in una fase in cui si può includere o escludere con certezza il trattamento chemioterapico rispetto alla sola ormonoterapia.

La sperimentazione PONDx è stata avviata a febbraio 2016 e dovrebbe concludersi a dicembre 2017. Per il momento il test Oncotype DX è stato valutato all'interno di 6 studi che hanno coinvolto complessivamente circa 4.000 pazienti con carcinoma mammario. In base alle evidenze disponibili, circa un quarto delle pazienti che sarebbero state sottoposte a chemioterapia sulla base dei criteri finora utilizzati potrebbero evitare il trattamento e, circa l'8 per cento di queste, avrebbero invece bisogno della chemioterapia rispetto alla sola indicazione di ormonoterapia.

Come spiega Francesco Cognetti, direttore dell'Oncologia medica dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, la chemioterapia può dare effetti collaterali sia acuti che a lungo termine. Spesso essi incidono in maniera pesante sull'attività lavorativa e sulla qualità della vita in generale. La caduta di capelli è forse il più noto degli effetti collaterali della chemioterapia, un evento che, sopratutto nelle donne, influisce in maniera rilevante sull'immagine e sull'autostima. La perdita di capelli non è però l'unico effetto collaterale, ci possono essere anche problemi relativi alla fertilità (sterilità e amenorrea), vomito, nausea, anemia, astenia, leucopenia (un'anomala ed eccessiva riduzione dei globuli bianchi nel sangue), mucosite (un'infiammazione della mucosa del cavo orale), diarrea e cardiotossicità da chemioterapia, una condizione che in un 5 per cento delle pazienti può portare ad insufficienza cardiaca.

Considerando quanto detto, si capisce quanto sia importante la possibilità che test genomici come l'Oncotype DX siano offerti a tutti dal Sistema Sanitario Nazionale. Questi test non solo aiutano a evitare terapie, con i potenziali effetti collaterali, in persone che non ne hanno bisogno, ma permettono di migliorare anche la gestione delle risorse economiche riducendo l'utilizzo di determinati farmaci.

Chemioterapia per il tumore seno

Chemioterapia tumore seno perdita capelli

La chemioterapia non è sempre necessaria, bisogna però valutare caso per caso analizzando le caratteristiche specifiche del tumore. Quando un oncologo decide di intraprendere un percorso terapeutico chemioterapico, significa che, in base ai dati raccolti, questa strada è sicuramente utile per migliorare le probabilità di guarigione e prevenire possibili recidive e/o metastasi. Prima di vedere quando si può evitare la chemioterapia per il tumore seno, cerchiamo di capire meglio in cosa consiste questo trattamento.

Vediamo innanzi tutto qual è lo scopo della chemioterapia. La finalità del trattamento varia da caso a caso, può ad esempio servire per ridurre la dimensione del tumore prima dell'operazione chirurgica, in questo caso parliamo di chemioterapia neoadiuvante e ha lo scopo di ridurre l'invasività degli interventi successivi: un intervento chirurgico meno demolitivo o una radioterapia limitata in un'area più ristretta. Quando si effettua dopo l'intervento chirurgico, chemioterapia adiuvante o precauzionale, può essere utile per eliminare eventuali cellule tumorali che si sono staccate dal tumore al seno e si sono diffuse in altri parti del corpo. Nel caso di tumori molto sensibili a questo trattamento, la chemioterapia potrebbe essere sufficiente per eliminare definitivamente tutte le cellule neoplastiche.

La chemioterapia adiuvante, somministrata solitamente prima della radioterapia, dovrebbe essere effettuata il prima possibile dopo l'intervento chirurgico, nella maggior parte dei casi i medici non aspettano più di 4-6 settimane.

Attualmente, grazie alla chemioterapia neoadiuvante, sempre più pazienti possono beneficiare di un trattamento chirurgico del carcinoma della mammella conservativo. Sono infatti diminuiti i casi di mastectomia con svuotamento ascellare e sono aumentati gli interventi che prevedono la quadrantectomia con biopsia del linfonodo sentinella seguita da radioterapia mammaria.

Un approccio chirurgico conservativo è fattibile solo per tumori al seno con una dimensione inferiore ai 2,5-3 cm, grazie alla chemioterapia neoadiuvante si riescono a ridurre i carcinomi più grandi così da consentire ad un maggior numero di pazienti un intervento meno invasivo. In questo modo si riesce ad asportare il tumore con esisti funzionali, psicologici ed estetici meno invalidanti ma non solo, la conservazione del seno non è l'unico vantaggio che offre la chemioterapia neoadiuvante. Un trattamento chemioterapico effettuato prima dell'intervento può essere utile anche per trattare precocemente eventuali micrometastasi, non rilevabili mediante gli esami, presenti in altri organi del copro. Analizzando i risultati ottenuti nel corso della chemioterapia preoperatoria, l'oncologo dispone inoltre di ulteriori informazioni relative alla sensibilità del tumore alle sostanze chemioterapiche, dati che consentono di programmare in maniera personalizzata eventuali trattamenti post operatori.

Quanto dura un ciclo di chemio? Non esiste una risposta univoca a questa domanda, i medici scelgono il tipo di schema chemioterapico in base alle caratteristiche del tumore e al suo stadio, di conseguenza la durata è variabile. Quando si parla di ciclo di trattamento si considera sia il periodo in cui si riceve il trattamento, che la fase di intervallo prima di quello successivo. In un ciclo di 3 settimane, ad esempio, ci può essere la somministrazione dei farmaci nel primo giorno e si potrebbe rimanere poi 20 giorni senza alcun trattamento. La pausa è una fase importante nel trattamento perché permette di migliorare l'efficacia della terapia dal momento che non tutte le cellule sono contemporaneamente in fase di replicazione e, di conseguenza, sensibili ai medicinali. Il periodo di riposo permette inoltre all'organismo di riprendersi da eventuali effetti collaterali. Generalmente la chemioterapia può durare da tre a sei mesi e, durante questo periodo, si possono effettuare da tre a otto cicli di trattamento.

Per il trattamento del tumore al seno oggi sono disponibili numerosi farmaci chemioterapici, essi possono essere somministrati in combinazione o da soli. Anche se nella maggior parte dei casi la somministrazione avviene per via endovenosa, in alcune terapie possono essere utilizzati dei farmaci sotto forma di compresse.

Come accennato, la durata di ciascun ciclo e il numero dei cicli da effettuare viene scelta dall'oncologo in base alla caratteristica del tumore, molto può però dipendere anche dalla risposta del tumore al trattamento. Nella chemioterapia per il tumore al seno i farmaci più utilizzati sono:

  • Le antracicline (epirubicina e doxorubicina o adriamicina)
  • I derivati del platino (cisplatino e carboplatino)
  • I derivati del fluoro (5-fluorouracile e capecitabina)
  • La gemcitabina
  • Il metotrexate
  • La vinorelbina
  • I taxani (docetaxel e paclitaxel)

Nel corso degli anni si è osservato che l'associazione di sostanze diverse permette di migliorarne l'efficacia, questo perché si colpiscono simultaneamente diversi meccanismi essenziali per la replicazione delle cellule tumorali. I farmaci vengono quindi utilizzati insieme in protocolli noti come schemi terapeutici. Esistono diversi schemi terapeutici e vengono generalmente identificati dalle iniziali dei farmaci che li compongono.

I protocolli per il cancro al seno prevedono nella maggior parte dei casi i seguenti trattamenti:

  • AC (doxorubicina/adriamicina e ciclofosfamide)
  • CAF (ciclofosfamide, doxorubicina/adriamicina e 5-fluorouracile)
  • CMF (ciclofosfamide, metotrexate e 5-fluorouracile)
  • FAC (5-fluorouracile, adriamicina e ciclofosfamide)
  • FEC (5-fluorouracile, epirubicina e ciclofosfamide)

Tali schemi terapeutici, a loro volta, possono essere abbinati ad altri farmaci. Il trattamento CMF può ad esempio essere preceduto dalla somministrazione di adriamicina. In altri casi l'oncologo può decidere di combinarli con altri farmaci come i derivati del platino, i taxani o altri farmaci biologici quali ad esempio il trastuzumab.

L'obiettivo dei farmaci chemioterapici è quello di contrastare la massa tumorale in diversi modi. Alcuni eliminano le cellule cancerose, altri rallentano la crescita del tumore e prevengono la diffusione delle cellule neoplastiche in altri tessuti (metastasi), ce ne sono poi alcuni utili a ridurre o alleviare completamente il dolore provocato dalla presenza della massa tumorale. Questi farmaci si utilizzano nella maggior parte dei casi in combinazione, proprio per poter beneficiare contemporaneamente di tutti questi effetti.

I farmaci chemioterapici di ultima generazione sono molto meno tossici rispetto a quelli del passato e solitamente gli effetti collaterali sono di natura transitoria. Se l'oncologo lo ritiene necessario, è importante sottoporsi alla chemioterapia adiuvante in quanto si può ridurre considerevolmente il rischio di recidive della malattia sia a livello locale che generale (metastasi in altre parti del corpo).

Anche se i farmaci che costituiscono la chemioterapia sono sempre più mirati e personalizzati in base alle caratteristiche del paziente, aspetti che ne migliorano notevolmente la tollerabilità, non sono purtroppo privi di effetti collaterali.

Possibili effetti collaterali della chemioterapia

  • Nausea e vomito: si presenta solitamente durante la somministrazione dei farmaci chemioterapici o poche ore dopo, è un effetto collaterale transitorio che può essere tenuto sotto controllo mediante terapie adeguate.

  • Perdita dei capelli (alopecia): in alcuni casi si manifesta dopo alcuni giorni dalla prima somministrazione del farmaco, in altri casi l'effetto si presenta durante i cicli successivi. Si tratta di un effetto collaterale transitorio.

  • Diarrea o stitichezza: questi effetti collaterali sono transitori e sono risolvibili con la dieta o con i farmaci, nel caso si dovessero presentare bisogna informare il proprio oncologo che prescriverà una terapia adeguata.

  • Mielosoppressione: rappresenta uno dei più importanti effetti collaterali dei trattamenti chemioterapici e si manifesta dopo circa una settimana dall'inizio del trattamento. Il midollo osseo produce una quantità minore di diversi componenti del sangue. La riduzione del numero di globuli rossi porta ad anemia, la riduzione del numero di piastrine comporta una piastrinopenia e la riduzione dei globuli bianchi porta a una condizione di leucopenia.

  • Mucosite: si tratta di un'infiammazione delle mucose della bocca, in rari casi si possono avere anche delle congiuntiviti (infiammazione e degli occhi). Anche questo è un effetto transitorio è compare qualche giorno dopo la somministrazione dei farmaci.

  • Neurotossicità: dopo alcuni giorni, o settimane, si possono avvertire delle sensazioni di formicolii alle estremità degli arti o ronzio, in alcuni casi l'effetto può durare anche dopo la fine del trattamento.

Perché la chemioterapia ha effetti collaterali? Nel nostro corpo ci sono alcune cellule che possiedono una caratteristica in comune con le cellule tumorali, la capacità di crescere e/o moltiplicarsi molto rapidamente. Tra queste troviamo le cellule dei follicoli pilifere (che formano i capelli e i peli), le cellule del sangue, le cellule degli organi riproduttivi e alcune cellule che rivestono la bocca, l'intestino e lo stomaco. La chemioterapia è un trattamento sistemico (un trattamento diffuso a tutto il corpo) e, di conseguenza, presenta degli effetti collaterali da soppesare in relazione ai benefici attesi. Uno degli obiettivi dei farmaci chemioterapici è quello di agire sulla capacità delle cellule di moltiplicarsi, un processo che può però colpire anche alcune cellule sane con caratteristiche simili a quelle tumorali. È proprio il danno a queste cellule a scatenare la maggior parte degli effetti collaterali collegati alla chemioterapia. A differenza dei tumori, i tessuti sani hanno però la capacità di contrastare questi effetti negativi una volta terminata la terapia. Effetti quali la perdita di capelli, la stanchezza, l'anemia, la nausea e il vomito, le infezioni, la diarrea, ecc., sono quindi transitori e la probabilità di effetti collaterali a lungo termine è molto rara.

Quando si può evitare la chemioterapia per il tumore seno

Chemioterapia tumore seno: si o no

Non tutte le donne con un tumore al seno hanno bisogno della chemioterapia, se però in alcuni casi la decisione dell'oncologo è abbastanza semplice, in certe situazioni di confine la scelta di sottoporre o meno la paziente al trattamento non è semplice. È proprio in questi casi che test quali il MammaPrint e l'Oncotype dx possono rivelarsi molto utili.

Quando il tumore è ai primi stadi, e non è aggressivo, si può evitare la chemioterapia per il tumore al seno e può essere sufficiente il ricorso alla sola terapia ormonale. Quando invece è localmente avanzato non vi è dubbio che la chemioterapia può essere utile per la cura. La scelta di ricorrere alla chemioterapia adiuvante dipende quindi dalle caratteristiche biologiche ed istologiche del tumore, ed al rapporto rischio-beneficio individuale.

In linea di massima, la chemioterapia non è indicata quando il tumore, per le sua caratteristiche intrinseche, non risponde adeguatamente a questo tipo di trattamento. Si evita inoltre la chemioterapia nei casi in cui la massa tumorale è di dimensioni ridotte, si può rimuovere completamente con un intervento chirurgico e non si è ancora diffusa ai linfonodi.

Sia per la chemioterapia neoadiuvante che quella adiuvante l'esame istologico è molto importante, grazie ad esso non solo si valuta se il tumore è più o meno sensibile al trattamento, si esamina anche l'aspetto delle cellule tumorali per capire il grado di severità del cancro. Dopo l'intervento chirurgico l'oncologo valuterà quindi tutti i dati disponibili così da definire il rischio di recidive, solo in questo modo si può scegliere la terapia migliore per ridurre il rischio di ripresa di malattia.

Se il rischi è basso, il medico suggerirà alla paziente un programma di controlli periodici (periodo di follow up) e, se opportuno, un ormonoterapia (un trattamento ormonale con farmaci antiestrogeni). Se invece il rischio è moderato, o elevato, si suggerisce un trattamento precauzionale (chemioterapia adiuvante) che in alcuni casi può durare fino a sei mesi secondo gli schemi terapeutici che abbiamo spiegato in precedenza. Se l'esame istologico ha evidenziato un espressione di recettori per estrogeni, alla chemioterapia seguirà un trattamento con antiestrogeni.

Quando l'oncologo valuta il tipo di trattamento da far seguire alla paziente tiene in considerazione anche altri fattori quali l'età, la presenza di eventuali patologie concomitanti e le condizioni generali di salute. La chemioterapia adiuvante andrebbe iniziata circa un mese dopo l'intervento e, in assenza di motivazioni specifiche, bisognerebbe evitare di posticiparla di oltre un mese (si sconsiglia quindi di attendere più di 2 mesi dopo l'asportazione del tumore). In alcuni casi la chemioterapia può essere somministrata in concomitanza alla radioterapia, un tipo di trattamento definito chemio-radioterapia.


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