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Terapia Parkinson con onde radio in alternativa al DBS - Un particolare uso della tecnologia wireless, basata sull'utilizzo di onde radio a bassa potenza, può essere utile nella terapia per il Parkinson

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Terapia Parkinson con onde radio in alternativa al DBS

Terapia Parkinson con onde radio, alternativa al DBS

Un particolare uso della tecnologia wireless, basata sull'utilizzo di onde radio a bassa potenza, può essere utile nella terapia per il Parkinson. La sindrome parkinsoniana potrebbe presto essere trattata con una tecnica meno invasiva dell'attuale stimolazione cerebrale profonda (DBS - Deep Brain Stimulation), una metodica che non prevede l'utilizzo di elettrodi connessi con il paziente. Questa nuova tecnica, che potrebbe essere utile anche nel trattamento di altre patologie quali la distonia (una difficoltà motoria dovuta ad atteggiamenti posturali del tutto involontari dell'individuo) e il tremore essenziale (uno dei più comuni disordini del movimento che colpisce circa il 6 per cento della popolazione), è frutto del lavoro congiunto del Centro di Micro-BioRobotica dell'Istituto italiano di Tecnologia (Iit) e dall'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. I risultati preliminari dello studio sono stati pubblicati sulla rivista ACS Nano (Piezoelectric Nanoparticle-Assisted Wireless Neuronal Stimulation - Doi: 10 1021 / acsnano 5b03162 - Luglio 2015).

Attualmente nella terapia per il Parkinson si fa a volte ricorso al DBS (acronimo inglese derivante da Deep Brain Stimulation - Stimolazione Cerebrale Profonda), un trattamento che prevede l'utilizzo di un dispositivo medico, simile a un pacemaker cardiaco, collegato a una serie di elettrocateteri impiantati chirurgicamente nelle aree del cervello deputate al controllo dei movimenti. Sebbene la tecnica offre buoni risultati, la stimolazione cerebrale profonda è però un intervento chirurgico molto invasivo e solo il 5-10 per cento di tutti i malati di Parkinson risultano idonei al trattamento. L'utilizzo della tecnologia wireless potrebbe quindi rivoluzionare il trattamento della sindrome parkinsoniana diminuendo notevolmente gli aspetti negativi dell'attuale stimolazione cerebrale profonda.

Attilio Marino, primo autore dello studio, spiega che nella sperimentazione sono stati coltivati in vitro dei neuroni in presenza di nanoparticelle piezoelettriche (dei cristalli che si polarizzano elettricamente in conseguenza di una deformazione meccanica di natura elastica e viceversa si deformano elasticamente se sottoposti all'azione di un campo elettrico). Questi piccoli elementi, una volta a contatto con i neuroni, sono state inglobate dalla membrana esterna. Per produrre le nanoparticelle è stato utilizzato il titanato di bario, un materiale biocompatibile che rimane sicuro anche quando utilizzato in alte concentrazioni. L'esperto spiega che questi "elementi" possono essere stimolati a distanza e in seguito alla loro deformazione si produce un certo potenziale elettrico in grado di eccitare le cellule nervose.

Gianni Ciofani, coordinatore dello studio, spiega che i risultati di questa ricerca aprono la strada a molteplici prospettive non solo nel campo della neuroprostetica (il ramo della neurologia che studia le interfacce cerebrali uomo-macchina) ma anche nel campo della medicina rigenerativa. Anche se la ricerca si trova ancora in una fase iniziale, si è dimostrato che si possono stimolare le cellule nervose senza dover connettere degli elettrodi al paziente, il tutto utilizzando dei biomateriali che limitano notevolmente il rischio di tossicità e di reazioni allergiche nei pazienti.

Approfondimenti sul Parkinson, i sintomi

Il Parkinson, come l'Alzheimer, è una malattia neurodegenerativa. La sindrome parkinsoniana é caratterizzata principalmente da tre sintomi: lentezza dei movimenti (bradicinesia), rigidità e tremore. Ai tre sintomi principali si possono associare molti altri sintomi secondari meno specifici e, di conseguenza, non determinanti per porre una diagnosi, fra questi ce ne sono però alcuni più ricorrenti: disturbi di equilibrio, atteggiamento curvo e un'andatura impacciata.

In una fase iniziale della malattia neurodegenerativa i soggetti si sentono più debilitati e si sentono più impacciati nell'esecuzione di movimenti abituali, azioni che si riescono comunque a portare a termine ma con un affaticamento maggiore. Si percepisce poi una maggiore difficoltà nel portare a termine dei movimenti come se la gamba interessata, o il braccio, fossero "legati". Questa sensazione di lentezza e impaccio, insieme al tremore evidente di un arto, è probabilmente uno dei fattori per cui si richiede con più frequenza un consulto medico.

Il tremore rimane comunque uno dei sintomi tipici, e più evidenti, del Parkinson. Il tremore di solito è visibile alle mani, per lo più esordisce da un solo lato e può interessare indifferentemente l'una o l'altra mano. Il tremore tipico si definisce di riposo, si manifesta, ad esempio, quando la mano é abbandonata in grembo oppure é lasciata pendere lungo il corpo. Dopo una fase iniziale, che interessa solo un lato, i sintomi della malattia si rilevano anche dal lato opposto. Con l'avanzare della patologia possono tremare anche i piedi, quasi sempre in modo più evidente dal lato in cui é iniziata la malattia e anche labbra e mandibola. Anche se raramente, il tremore può poi interessare anche il collo e la testa.


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