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Diagnosticare l'Alzheimer prima della comparsa dei sintomi - Grazie ad un test del DNA sarà possibile diagnosticare l'Alzheimer (una sua particolare forma) molto prima della comparsa dei primi sintomi

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Diagnosticare l'Alzheimer prima della comparsa dei sintomi

Diagnosi Alzheimer prima della comparsa dei sintomi

Grazie ad un test del DNA sarà possibile diagnosticare l'Alzheimer (una sua particolare forma) molto prima della comparsa dei primi sintomi. Anche se il morbo di Alzheimer presenta ancora molti punti oscuri, ci sono evidenze epidemiologiche che la patologia, in determinati casi, possa avere anche una componente genetica. In un ristretto numero di pazienti si potrebbe quindi rilevare se si ammaleranno di Alzheimer già a 20 anni, molto prima della comparsa dei primi sintomi. Questa è la conclusione di una ricerca condotta da un team di esperti del Banner Alzheimer's Institute (Arizona), della Boston University e della University of Antioquia. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Lancet Neurology (Brain imaging and fluid biomarker analysis in young adults at genetic risk for autosomal dominant Alzheimer's disease in the presenilin 1 E280A kindred: a case-control study - doi:10.1016/S1474-4422(12)70228-4 - Novembre 2012).

Il morbo di Alzheimer non è normalmente ereditario, nella maggior parte dei casi non può quindi essere rilevato attraverso il patrimonio genetico. Il fatto che nella propria famiglia ci siano alcuni malati di Alzheimer non significa quindi essere destinati ad ammalarsi in quanto nella maggioranza dei casi non vi è un'origine genetica. Poter rilevare la patologia prima della comparsa dei sintomi clinici, anche se in un numero ristretto di pazienti, potrebbe però essere molto importante per rallentare la progressione della malattia e, in futuro, prevenire l'Alzheimer.

Per condurre lo studio i ricercatori hanno coinvolto 44 pazienti, del Colombian Alzheimer's Prevention Initiative Registry, con un'età compresa tra i 18 e i 26 anni. Tutti sono stati sottoposti ad una serie di risonanze magnetiche, analisi del sangue e del liquido cefalorachidiano (denominato anche liquor, liquido cerebrospinale o liquido rachido-spinale, in inglese cerebrospinal fluid con acronimo CSF). Sebbene tutti i pazienti non presentassero alcun segno clinico della malattia, 20 di loro presentavano una mutazione in un gene chiamato Presenilina 1 (PSEN 1). Gli esperti spiegano che i pazienti con la mutazione nel gene PSEN 1 con molta probabilità svilupperanno la malattia in un'età abbastanza precoce, intorno ai 45 anni.

I due gruppi di pazienti non si differenziavano però solo per la mutazione genetica, sono state identificate anche delle differenze nella struttura e nel funzionamento cerebrale. I soggetti predisposti alla malattia presentano un'attività elettrica maggiore nell'ippocampo (un'area deputata alla memoria) e nel paraippocampo, hanno inoltre un minor volume della materia grigia in altre zone del cervello. Dall'analisi del liquido cefalorachidiano si è inoltre scoperto che i pazienti con la mutazione del gene presentano anche alti livelli di una particolare proteina, la betaamiloide (A-beta), responsabile della morte dei neuroni che porta all'insorgenza delle malattie neurodegenerative come l'Azheime.

Anche se la mutazione del gene PSEN 1 non interessa tutte le forme di Alzheimer, i risultati di questo studio aprono in ogni caso nuove strade. Attualmente la maggior parte delle cure farmacologiche intervengono quando la malattia ha già fatto i danni maggiori al sistema nervoso. Studiare i pazienti con l'Alzheimer precoce (che si manifesta intorno ai 45 anni) non servirà solo per trovare una cura per questa forma di demenza ma, secondo gli autori, aiuterà a comprendere meglio la forma più diffusa, quella che compare in età avanzata.


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