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Cura celiachia: dal vaccino ai farmaci contro gli effetti del glutine

Bambino senza celiachia

Scoprire cosa causa la celiachia può essere un primo passo verso la cura, la prevenzione e lo studio di farmaci contro gli effetti del glutine in chi soffre di questa malattia. Attualmente si sa che c'è una forte componente ereditaria, si nasce quindi predisposti verso la malattia, questa predisposizione non vuol dire però che la celiachia si manifesti. In base ad uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Chicago, in collaborazione con alcuni colleghi dell'Università di Pittsburgh, un'infezione scatenata da un virus molto comune ma fino ad oggi ritenuto innocuo, il reovirus, potrebbe essere alla base della risposta immunitaria al glutine collegata ad alcuni casi di celiachia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Science (Reovirus infection triggers inflammatory responses to dietary antigens and development of celiac disease - Doi: 10.1126/science.aah5298).

Romain Bouziat, primo autore dello studio e ricercatore presso il Department of Medicine - University of Chicago, spiega che in base ai dati raccolti è plausibile che una risposta immunitaria al reovirus, sopratutto se l'infezione avviene nei primi mesi di vita quando è in corso la fase di svezzamento e il sistema immunitario non è ancora ben sviluppato, possa scatenare una serie di eventi che favoriscono l'insorgenza della celiachia.

I reovirus sono dei virus che infettano quasi tutte le persone nel corso della loro vita. Secondo alcune statistiche, la maggior parte degli essere umani risultano già infettati durante il periodo prescolare. Fino ad oggi non ci si è preoccupati molto di queste infezioni perché l'organismo riesce a contrastare questi parassiti endocellulari senza la comparsa di alcun sintomo, venivano quindi considerati dei virus "innocui".

Nel corso della loro indagine, i ricercatori hanno condotto alcuni test su topi con due ceppi di reovirus scoprendo che uno dei due era in grado di ridurre la tolleranza al glutine. In seguito all'infezione, nell'organismo si scatenava un processo che alterava il sistema immunitario portandolo a considerare il glutine come un "virus" da attaccare.

Successivamente gli studiosi hanno esaminato alcuni pazienti celiaci scoprendo che, rispetto alle persone sane, presentavano una quantità maggiore di anticorpi contro i reovirus. I soggetti con celiachia presentavano inoltre un'alta espressione di Irf1 (Interferon regulatory factor 1), una proteina collegata allo sviluppo dell'intolleranza al glutine.

Queste informazioni portano ad ipotizzare che un'infezione da reovirus non ha particolari conseguenze in persone sane ma, in soggetti geneticamente predisposti, può alterare alcuni meccanismi del sistema immunitario aumentando la probabilità di celiachia in futuro.

Bana Jabri, coordinatrice della ricerca, evidenzia che ora bisognerà condurre ulteriori indagini e, se i dati saranno confermati, si potrà lavorare alla realizzazione di un vaccino. Attualmente esiste ad esempio un vaccino per la Gastroenterite da rotavirus, un vaccino poco conosciuto che permette di prevenire un disturbo intestinale che causa ogni anno quasi 10 mila ricoveri. Allo stesso modo, grazie alla prevenzione primaria, con un vaccino per il reovirus da somministrare ai bambini più a rischio, come potrebbero essere i figli dei celiaci, in futuro si potranno forse prevenire numerosi nuovi casi della malattia.

Lo studio pubblicato su Science non è il primo che mette in relazione le infezioni intestinali con alcuni casi di celiachia. Una ricerca, pubblicata sull'American Journal of Gastroenterology nel 2006, aveva evidenziato un possibile legame fra le infezione da rotavirus e, in individui predisposti, un aumento del rischio di celiachia (Rotavirus Infection Frequency and Risk of Celiac Disease Autoimmunity in Early Childhood: A Longitudinal Study - doi:10.1111/j.1572-0241.2006.00741.x). La buona notizia è che in questo caso, come abbiamo accennato, esiste già un vaccino disponibile anche in Italia. La somministrazione del vaccino per il rotavirus ha l'obiettivo di prevenire la gastroenterite ma, alla luce dello studio del 2006, potrebbe essere utile anche per prevenire alcuni casi di celiachia. Una conferma che sembra essere stata data nel corso di un altro studio pubblicato nel 2016 sempre sulla rivista Gastroenterology (Su1165 Virus-Enhanced Upregulation of Type-1 Interferon Promotes Loss of Oral Tolerance in Celiac Disease - Doi: 10.1016/S0016-5085(16)31664-X).

Le scoperte di cui abbiamo parlato fino ad ora non permettono di curare la celiachia ma possono essere molto utili per prevenire la malattia, in futuro ci potrebbero quindi essere meno celiaci. In fase di studio c'è però anche un vaccino prodotto dalla ImmusanTInc, il Nexvax2, per guarire dalla celiachia. Si tratta di un vaccino terapeutico che "resetta" il sistema immunitario eliminando l'intolleranza verso il glutine. Il vaccino non è però efficace per tutte le persone, durante la sperimentazione si è infatti dimostrato efficace solo nei celiaci che presentano il gene DQ2. Si tratta comunque di una buona fetta di pazienti se si considera che il gene è espresso in circa il 90 per cento dei celiaci. Dopo la somministrazione del vaccino, contenete 3 porzioni differenti di antigene, si possono ingerire nuovamente alimenti con glutine senza alcun tipo di problema per la salute.

Attualmente il Nexvax2 non è in commercio, nel 2016 si sono conclusi con ottimi risultati le prime fasi dello studio, nel 2017 sono partite le altre fasi della sperimentazione ma prima di poterlo utilizzare su larga scala bisognerà aspettare la conclusione della Fase 3 dello studio.

Pillola anti-celiachia e farmaci "contro" il glutine

Cosa può mangiare un celiaco?

Attualmente l'unica vera terapia per chi riceve una diagnosi di celiachia è una dieta priva di glutine. C'è però un farmaco, basato sulla molecola Larazotide acetato, che si è dimostrato efficace nel ridurre i sintomi gastrointestinali (GI) e quelli non-GI in celiaci accidentalmente esposti all'assunzione di glutine. Il Larazotide acetato è l'unico farmaco che ha dato dei buoni risultati anche sull'uomo, la sperimentazione ha coinvolto più di 800 pazienti nelle fasi preliminari e altri 342 pazienti nella fase 2 dello studio.

Nello studio di fase 2b, uno studio randomizzato in doppio cieco dove un gruppo di pazienti prende il farmaco mentre altri assumono un placebo, si è rilevato che tre dosi giornaliere del medicinale sono in grado di ridurre indigestione, diarrea e i classici sintomi di dolore addominale.

Tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017 è partita la sperimentazione di fase 3, superato anche questo step, se i risultati saranno confermati, potrà essere commercializzato. È bene però precisare che il medicinale non sarà in grado di curare il disturbo, la sua funzione è infatti quella di tamponare alcune situazioni accidentali che possono ad esempio verificarsi quando si è a cena da amici o in viaggio.


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