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Dormire poco fa male al cuore - Non dormire abbastanza può portare a diverse conseguenze sull'organismo, ci può essere ad esempio un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiache...

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Dormire poco fa male al cuore

Donna che ha dormito poco

Non dormire abbastanza può portare a diverse conseguenze sull'organismo, ci può essere ad esempio un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiache e croniche come il diabete. Le persone con problemi cardiovascolari, ma non solo, dovrebbero quindi stare attente a riposare almeno il numero di ore di sonno minime per non incrementare il rischio di morte per infarto e ictus. Secondo quanto scoperto da un gruppo di ricercatori del Pennsylvania State University College of Medicine di Hershey (Usa), dormire 5 ore a notte potrebbe raddoppiare il rischio di morte a causa di un evento cardiaco rispetto a chi, con gli stessi fattori di rischio, riesce a dormire 6 ore a notte. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of the American Heart Association (Impact of the Metabolic Syndrome on Mortality is Modified by Objective Short Sleep Duration - Doi: 10.1161/JAHA.117.005479).

I dati di questa ricerca dimostrano quindi ancora una vola che dormire poco fa male. Julio Fernandez Mendoza, primo autore dello studio, spiega che i risultati sono frutto di un'indagine che ha coinvolto un campione di 1344 individui, uomini e donne, con un'età media di 48,8 anni. Durante il periodo di follow-up, durato 16,6 ± 4,2 anni, il 22 per cento delle persone sono decedute. L'indagine prevedeva anche una serie di controlli, e uno studio individuale del sonno mediante Polisonnografia (un test usato per diagnosticare i disturbi del sonno), da effettuare presso il Centro di Medicina del Sonno della Penn State University. Prima di iniziare i test, tutti i partecipanti sono stati sottoposti ad una serie di esami ed è emerso che circa il 39,2 per cento presentava una condizione di sindrome metabolica. Una situazione clinica prediabetica, nota anche come sindrome da insulino-resistenza, che rappresenta un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Si parla di sindrome metabolica quando coesistono tre o più delle seguenti condizioni:

  • Obesità addominale (una circonferenza addominale maggiore uguale a 102 cm per gli uomini e maggiore uguale a 88 cm per le donne donne);
  • Alterata glicemia a digiuno (glicemia a digiuno maggiore uguale a 110 mg/dl ) o soggetto con pregressa diagnosi di diabete;
  • Trigliceridi alti (una trigliceridemia molto elevata con valori maggiore uguale a 150 mg/dl);
  • Colesterolemia con HDL molto basso (HDL minore uguale a 40 mg/dl negli uomini e HDL minore uguale a 50 mg/dl nelle donne);
  • Ipertensione arteriosa (pressione arteriosa =130/85 mmHg) o soggetto sotto trattamento antipertensivo.

Al termine dello studio, analizzando tutte le informazioni raccolte, è emerso che le persone con sindrome metabolica, rispetto a quelle senza questa condizione, presentavano un rischio di morte per patologie cardiovascolari, malattie cardiache e ictus, più alto di 1,49 volte se mediamente riuscivano a dormire 6 ore a notte o più. Tale rischio era però maggiore, di 2,1 volte, in quelle persone che in media non riuscivano a riposare per almeno 6 ore. Quest'ultimo gruppo, inoltre, presentava addirittura un rischio quasi doppio, rispetto alle persone senza sindrome metabolica con un riposo adeguato, di morte per qualsiasi causa.

Anche se questi sono i risultati di uno studio osservazionale (non è possibile quindi individuare gli elementi collegati al possibile causa-effetto), chi presenta dei fattori di rischio per le malattie cardiache, come la sindrome metabolica, dovrebbe prestare particolare attenzione alla salute del sonno e, se non dorme a sufficienza o la qualità del riposo è scadente, dovrebbe consultare uno specialista per curare e trovare un rimedio per i disturbi del sonno.

Edward O. Bixler, coordinatore dello studio, spiega che alla luce dei dati raccolti i disturbi del sonno potrebbero essere a loro volta un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Ulteriori indagini potrebbero essere utili per capire se un allungamento della durata del sonno, in abbinamento a una terapia che contribuisce a ridurre la concentrazione di zucchero nel sangue (glicemia) e abbassa la pressione sanguigna, può favorire una riduzione del rischio di morte nelle persone con sindrome metabolica. Senza aspettare i risultati di queste ulteriori ricerche, viste le numerose evidenze scientifiche, tutti dovrebbero ormai sapere che dormire poco fa male e bisognerebbe iniziare fin da piccoli a curare la qualità del proprio riposo.

Dormire 5 ore a notte e/o dormire di giorno fa male

Lo studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association non è il primo che collega una carenza di sonno a un maggior rischio di malattie cardiovascolari e ictus. Una ricerca (Adverse Impact of Sleep Restriction and Circadian Misalignment on Autonomic Function in Healthy Young Adults - Doi: 10.1161/HYPERTENSIONAHA.115.06847) pubblicata su Hypertension, la rivista dell'American Heart Association, aveva già evidenziato che dormire poche ore a notte, o dormire di giorno, mette a rischio la salute del cuore.

Dormire 5 ore a notte

Daniela Grimaldi, prima autrice dello studio e ricercatrice presso la Northwestern university Feinberg School of medicine, spiega che analizzando i dati raccolti si è scoperto che dormire solo 5 ore per notte ha effetti negativi sulla salute del cuore, effetti che risultano ancora più negativi nel caso in cui si debba dormire di giorno. Queste informazioni, anche se sono il risultato di un'indagine condotta su un piccolo campione, dovrebbero far riflettere le persone che dormono poco e/o sono obbligate ad alterare l'orario normale di riposo perché lavorano di notte.

L'indagine ha coinvolto 26 giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 39 anni, divisi in due gruppi. Tutti dovevano dormire 5 ore al giorno ma tra i due gruppi cambiava il periodo in cui potevano riposare, alcuni dovevano dormire di notte mentre altri dovevano andare a letto 8 ore dopo rispetto al solito (dormivano quindi di giorno come i lavoratori turnisti o i ragazzi che fanno le ore piccole il fine settimana).

Durante il periodo di follow-up sono stati misurati diversi parametri quali: pressione sanguigna, ritmo cardiaco, livelli di norepinefrina (un ormone collegato allo stress rilevato tramite le urine), variazione degli intervalli tra un battito e l'altro, ecc.. Dall'analisi è emerso che la pressione sanguigna era stabile, probabilmente per la breve durata della sperimentazione, ma il ritmo cardiaco era notevolmente aumentato in tutti i volontari, in particolare in chi aveva dormito di giorno.

Il gruppo obbligato a dormire di giorno non solo presentava una maggiore alterazione del ritmo cardiaco (condizione nota come aritmia cardiaca), essi presentavano anche livelli di norepinefrina più elevati. Tutti fattori (in particolare la diminuzione della variabilità del ritmo dei battito cardiaco) che possono incrementare il rischio di malattie cardiovascolari.

Uno degli aspetti più preoccupanti emersi durante lo studio è stato osservato nella fase di sonno ristoratrice, la cosiddetta fase di sonno a onde lente (SWS dall'inglese Slow Wave Sleep), un periodo del riposo dove entrano in scena delle alterazioni fisiologiche che permettono al cuore di "ricaricarsi". Normalmente, in questa fase la pressione e il ritmo cardiaco si abbassano e permettono al cuore di rigenerarsi, tale processo è però alterato se si dorme 5 ore a notte e, se si riposa di giorno, il recuperò è persino minore.

Lo studio dimostra quindi che dormire 5 ore al giorno non basta e, secondo gli esperti, chi non può variare le proprie abitudini di sonno (perché ad esempio si è turnisti e periodicamente si è obbligati a lavorare di notte) dovrebbe porre un'attenzione maggiore verso altri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.

Dormire bene in gravidanza per prevenire il diabete gestazionale

Dormire a pancia in giù in gravidanza, anche se una posizione rassicurante, non è di certo la posizione migliore per riposare bene. Alla luce dei risultati di uno studio pubblicato sull'American Journal of Obstetrics and Gynecology (Objectively Measured Short Sleep Duration and Later Sleep Midpoint in Pregnancy Are Associated With a Higher Risk of Gestational Diabetes - Doi: 10.1016/j.ajog.2017.05.066), trovare la posizione migliore per dormire durante il periodo della gestazione, aiutate magari da un "cuscino gravidanza", può essere utile per ridurre il rischio di diabete gestazionale (DG).

Cuscino per dormire in gravidanza

Francesca L. Facco, prima autrice dello studio e ricercatrice presso la School of Medicine di Pittsburgh, spiega che la quantità e la qualità del sonno in gravidanza può influire sul metabolismo incrementando il rischio di diabete gestazionale. Dormire poco fa sempre male, se si è in dolce attesa c'è però un motivo in più per cercare di riposare un numero adeguato di ore. Il sonno, come la dieta e l'esercizio fisico, va quindi considerato come parametro modificabile che può influire su un buon andamento della gravidanza.

Studi precedenti avevano già associato un numero di ore di sonno inadeguate a un maggior rischio di ipertensione, di diabete di tipo 2 e, come nel caso delle due ricerche citate in precedenza, a un maggior rischio di malattie cardiovascolari negli adulti. Lo studio pubblicato sull'American Journal of Obstetrics and Gynecology allunga però la lista delle possibili controindicazioni collegate alla carenza di sonno.

L'indagine è stata condotta su un campione di 782 gestanti, che si trovavano tra la 16esima e 22esima settimana di gravidanza, coinvolte nello studio Nulliparous Outcome Study: Monitoring Mother-to-be (nuMoM2b). Circa l'11,6 per cento delle donne prese in considerazione hanno sviluppato ipertensione durante il periodo di gestazione e al 4,2 per cento è stato diagnosticato il diabete gestazionale. Incrociando le varie informazioni si è scoperto che le donne che dormivano poco in gravidanza, meno di sette ore per notte, presentavano un rischio maggiore di DG rispetto a quelle che riposavano per un numero adeguato di ore.

Anche se serviranno ulteriori studi per comprendere meglio la biologia del sonno in gravidanza e gli effetti che può avere sul metabolismo, in via precauzionale potrebbe essere utile intervenire fin dalle prime settimane della gestazione per migliorare la qualità e la durata del sonno in modo da ridurre un possibile fattore di rischio per il DG.


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