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Antibiotico: quanti giorni e sospensione

Terapia antibiotica

Quanti giorni prendere l'antibiotico e l'interruzione dell'antibiotico prima del tempo (quando i sintomi sono spariti) rappresentano due aspetti che sollevano diversi dubbi nelle persone, in questo articolo cercheremo di dare una risposta a queste domande. Di norma, bisogna sempre portare a termine la terapia antibiotica, seguendo tutto il ciclo di cura prescritto dal medico, anche se dopo qualche giorno il farmaco ha fatto effetto e i sintomi sono scomparsi. C'è però una pubblicazione, a cura di un gruppo di ricercatori della Brighton and Sussex Medical School, secondo la quale proseguire una cura antibiotica dopo che i sintomi sono spariti potrebbe comportare dei problemi per la salute. L'articolo è stato pubblicato sul British Medical Journal (The antibiotic course has had its day - Doi: 10.1136/bmj.j3418).

Da diversi anni si sente parlare di resistenza agli antibiotici, un fenomeno collegato con molta probabilità ad una terapia antibiotica inappropriata. Situazione che si verifica non solo quando si utilizzano senza alcuna indicazione, per esempio se si fa uso di antibiotici per curare tosse, influenza o raffreddori (per maggiori informazioni potete leggere: Infezione batterica o infezione virale), ma anche nei casi dove ci sono degli errori sulla posologia, la via di somministrazione o la durata. L'articolo pubblicato sul BMJ vuole accendere i riflettori verso un aspetto trascurato anche da molti medici. Attualmente si raccomanda di completare sempre l'intero ciclo di terapia per evitare che i microorganismi sviluppino resistenza al farmaco, le prove scientifiche a disposizione sono però scarse e, in alcuni casi, si è addirittura dimostrato che sono dei cicli troppo lunghi di antibiotici a promuovere l'insorgenza della resistenza. Paradossalmente, potrebbe quindi essere meno dannoso sospendere l'antibiotico appena si inizia a sentirsi meglio.

Prima di proseguire nell'analisi dei dati, apriamo una piccola parentesi su cosa sono gli antibiotici e quando vanno utilizzati. Gli antibiotici sono un gruppo di composti in grado di contrastare le infezioni batteriche impedendone la proliferazione e uccidendo i batteri stessi. Ad oggi non esiste un solo antibiotico in grado di sconfiggere tutti i batteri, nel corso degli anni la medicina ha messo a punto oltre 15 categorie di antibiotici che differiscono sia per azione battericida che per struttura chimica. Erroneamente molti pensano che l'influenza vada trattata con terapia antibiotica, nella maggior parte dei casi si tratta però di una condizione che ha origine virale e di conseguenza gli antibiotici non sono efficaci. L'uso improprio ed eccessivo di questi farmaci, nel lungo periodo, può portare all'antibiotico-resistenza.

Un batterio è definito "antibiotico-resistente" quando resiste all'effetto degli antibiotici specifici che dovrebbero eliminarlo. Sebbene alcuni batteri presentino una resistenza intrinseca, sono in pratica normalmente resistenti, ci sono dei casi in cui la resistenza è conseguente a una modificazione genetica, in questo caso si parla di resistenza acquisita. Anche se si tratta di un fenomeno naturale, ci sono dei comportamenti che possono favorire tale processo e, per questo motivo, bisognerebbe limitare tali situazioni (eccessivo ricorso e, sopratutto, uso improprio degli antibiotici).

Antibiotico: quanti giorni?

Come si decide la durata della terapia antibiotica? Il numero di giorni in cui bisogna prendere l'antibiotico è scelto in maniera empirica, ciò nonostante, non si possono accorciare le terapie in maniera arbitraria. Ad oggi ci sono pochi trial clinici che confermano la durata ottimale della terapia antibiotica, inoltre, quelli esistenti presentano nella maggior parte dei casi delle imperfezioni metodologiche e conclusioni spesso contraddittorie. Attualmente sono molto rari i trial clinici di buon livello metodologico. È proprio alla luce di queste informazioni che diversi medici e ricercatori nutrono dei dubbi sulle attuali raccomandazioni terapeutiche in merito alla durata del trattamento.

Secondo Martin J Llewelyn, professore di malattie infettive e co-autore della pubblicazione apparsa su British Medical Journal, la raccomandazione di prolungare la terapia antibiotica anche dopo che i sintomi sono spariti risale al periodo dell'origine del primo antibiotico (la penicillina). Da allora, probabilmente in via precauzionale, si è continuati con tale raccomandazione anche in assenza di dati precisi.

Quando nel 1929 Alexander Fleming scoprì la penicillina, si osservo che trattare i pazienti con dosi insufficienti poteva provocare il ritorno dell'infezione al termine del trattamento, nacque così l'idea che una terapia più lunga fosse fondamentale per garantire la completa guarigione. Lo stesso Fleming, nel 1945, durante il discorso di accettazione del premio Nobel per la medicina, rimarcò l'importanza di un utilizzo prolungato del farmaco per evitare l'insorgere di resistenze e la diffusione di pericolosi batteri immuni alla penicillina.

Negli anni si è diffuso un pensiero comune che cicli brevi sono meno efficaci, questo è accaduto anche se per numerosi farmaci non c'è nessuna dimostrazione scientifica che evidenzi una durata minima necessaria al fine di rendere il trattamento efficace. Per paura di trattamenti insufficienti, non si è tenuto conto di che cosa accadeva in caso di trattamenti eccessivi. Secondo i ricercatori della Brighton and Sussex Medical School, il pericolo maggiore arriverebbe proprio dal secondo comportamento. Osservando i dati statistici, la maggior parte dei batteri che hanno sviluppato resistenza agli antibiotici sono dei batteri normalmente innocui che hanno acquisito antibiotico-resistenza a causa di trattamenti di durata eccessiva. In pratica, nella maggior parte dei casi, si tratta di batteri che vivono normalmente nel nostro organismo che, durante una terapia indirizzata verso altri microorganismi patogeni, sviluppano una resistenza agli antibiotici.

Consigliare la sospensione dell'antibiotico non appena spariscono i sintomi della malattia è probabilmente un po' eccessivo, i dati evidenziano però che ad oggi mancano prove scientifiche che possono supportare l'idea che cicli lunghi siano sempre da preferire. Per decenni sono stati inoltre sottovalutati i possibili rischi derivanti dalle terapie che durano più giorni. I pazienti non dovrebbero comunque mai prendere delle iniziative personali, prima di sospendere la terapia antibiotica dovrebbero consultare il proprio medico e sarà lui a valutare se i farmaci hanno avuto effetto e quando e se è il caso di sospendere la terapia.

Questa non è comunque la prima volta che si mette in dubbio la durata della terapia antibiotica, in passato altri ricercatori hanno affrontato l'argomento. Uno studio di Kerrison e Riordan, pubblicato negli Archives of Disease in Childhood - Education and Practice Edition (Archives of Disease in Childhood. Education and Practice Edition - Doi: 10.1136/archdischild-2013-304135), aveva ad esempio sollevato qualche perplessità sulla durata delle terapie per curare alcune infezioni pediatriche e i risultati di indagini che proponevano una nuova ridefinizione della durata dei trattamenti.

Anche Kerrison e Riordan, come i colleghi della Brighton and Sussex Medical School, hanno evidenziato che nella maggior parte dei casi le linee guida sul trattamento di gran parte delle infezioni, in questo caso ci si riferiva sopratutto ai casi pediatrici, sono basate più sull'opinione di esperti che sui dati scientifici. Sia la scelta dell'antibiotico che la durata del trattamento dipendono da numerose variabili e, in alcuni casi, ci potrebbero essere dei vantaggi derivanti da trattamenti antibiotici più brevi.

Non sono pochi gli studi che hanno dimostrato che la resistenza batterica è stimolata maggiormente da trattamenti prolungati e a basse dosi. Ci sono inoltre trial clinici e studi osservazionali che evidenziano i vantaggi di trattamenti più brevi ma a dosi leggermente più alte, vantaggi non solo dal punto di vista dell'antibiotico-resistenza ma anche riguardanti l'adesione alla terapia e gli effetti collaterali.

Antibiotico tre giorni

Antibiotico tre giorni

Ci sono dei casi dove è importante iniziare subito la terapia antibiotica mentre altri dove bisogna attendere 3 giorni prima di prendere l'antibiotico. Ci si potrebbe chiedere come mai sia necessario aspettare prima di intraprendere la cura se già ci sono dei sintomi quali febbre e tosse, questo si fa perché molte infezioni virali, dove l'antibiotico è inutile, presentano dei sintomi simili a quelli causati da infezioni batteriche. Solo dopo un certo lasso di tempo, che in alcuni casi può essere anche di 4 o 5 giorni, si può avere un quadro più chiaro della situazione e, se viene confermata la causa batterica, si inizia con la terapia a base di antibiotici.

Solitamente il medico prescrive subito la terapia antibiotica quando durante la visita rileva placche alla gola con chiari segni di tonsillite batterica, nei casi in cui ci sia un'otite purulenta, segni di broncopolmonite o sintomi di infezione urinaria. Solo dopo una visita medica si potrà sapere esattamente come comportarsi.

Se in casa sono rimasti degli antibiotici da terapie precedenti, si sconsiglia in maniera categorica l'autoprescrizione o, ancor peggio, l'utilizzo sui propri figli. L'uso improprio di antibiotici può essere prima di tutto inutile (nel caso in cui si tratti di infezione virale o si usi un antibiotico non indicato per i batteri presenti), oltre che dannoso per l'esposizione a possibili effetti collaterali evitabili.

Tale comportamento può inoltre essere pericoloso perché può favorire lo sviluppo di microrganismi resistenti agli antibiotici. Come spiegato in precedenza, l'uso improprio degli antibiotici favorisce l'insorgenza di batteri resistenti agli antibiotici che iniziano a circolare nella popolazione. Prima di assumere qualsiasi medicinale, ricordatevi quindi di consultare sempre il medico di riferimento.


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