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Cibo e ortoressia, quando mangiare bene diventa una patologia

Ortoressia: un mangiare bene patologico

Mangiare bene è importante per vivere meglio e ridurre l'incidenza di numerose malattie, quando però il cibo diventa un'ossessione si può sviluppare un disturbo ossessivo compulsivo noto come ortoressia. Nel nostro paese sono circa 3 milioni le persone che presentano un disturbo alimentare e, del totale, circa il 15 per cento sono eccessivamente attente alla qualità del cibo. La malattia sembra interessare in prevalenza gli uomini, circa l'11,3 per cento contro un 3,9 per cento delle donne. Il problema, probabilmente meno noto rispetto all'anoressia e la bulimia, è stato al centro di un'indagine, promossa da Nutrimente (un associazione che si occupa della prevenzione e cura dei Disturbi Alimentari), i cui dati sono stati diffusi dal Ministero della Salute.

I dati relativi all'incidenza dell'ortoressia in Italia sono frutto di un'indagine che ha coinvolto circa 1200 persone, uomini e donne, con un'età compresa tra i 18 e i 65 anni. Fra tutte le città Milano sembra essere quella che presenta il rischio più alto, circa il 33 per cento, seguono poi altre città quali Roma (con il 27 per cento) e Torino (con il 21 per cento). Steven Bratman, che per primo (nel 1997) propose come forma patologica l'ossessione del mangiar sano e conio il termine ortoressia (orthorexia, dal greco orthos "corretto" e orexis "appetito"), spiega che alcuni dei comportamenti tipici delle persone affette da questa patologia sono:

  • Spendere più di tre ore al giorno a pensare al cibo.

  • Selezionare gli alimenti più per i benefici sulla salute che per il gusto.

  • Sentirsi in colpa qualora non si segua la dieta abituale.

  • Sentirsi padroni di se stessi solo se si mangia nel modo ritenuto corretto.

Mentre in patologie come l'anoressia e la bulimia le persone sono ossessionate più dalla quantità, i pazienti ortoressici sono fissati con la qualità del cibo ingerito, tutte sono comunque delle dipendenze a carattere ossessivo compulsivo. Lucio Rinaldi, psichiatra e ricercatore presso l'Istituto di Psichiatria e Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Policlinico "A. Gemelli" di Roma, spiega che l'ortiressico non si reca dal medico per risolvere il problema perché non si sente un malato, anzi, pensa di essere una persona sanissima. Purtroppo, questa sua fobia per i cibi e una dieta molto restrittiva con il tempo lo portano all'isolamento sociale.

Come per gli altri disturbi alimentari, anche in questo caso è molto importante il ruolo dei familiari e delle persone che ruotano intorno agli ortoressicci. L'esperto spiega che spesso si scopre la presenza di genitori affetti dalla patologia curando dei bambini che presentano delle sofferenze fisiche dovute dalla mancanza di una dieta equilibrata e sana, situazioni che permettono di intercettare un malato di ortorossia anche se non sempre si lascia curare spontaneamente.

Non sempre è facile curare l'ortoressia, una patologia fortemente influenzata dai numerosi allarmi alimentari lanciati dai media a volte in modo approssimativo e deleterio per la salute delle persone. I casi sono numerosi, basti pensare ad esempio alla notizia relativa alla cancerogenicità della carne rossa e delle carni lavorate, alla mucca pazza, al mercurio contenuto nei pesci, agli alimenti geneticamente modificati, ecc., allarmi ridimensionati notevolmente se i dati vengono riesaminati in modo scientifico evitando titoli e notizie ad effetto. Gli ortoressici sono convinti di essere superiori, sopratutto rispetto a quelle persone che non hanno lo stesso autocontrollo sul cibo, è non si rendono conto di essere come i vigoressici, persone ossessionati dalla forma fisica (un ossessione eccessiva per il fitness e la potenza dei muscoli). Un aspetto che differenzia comportamenti ossessivi come l'ortorossia e vigoressia, dalla bulimia e l'anoressia, è il periodo in cui tende a manifestarsi, i primi interessano prevalentemente gli adulti mentre gli altri tendono a manifestarsi sopratutto nel periodo adolescenziale.

Sara Bertelli, psichiatra e presidente dell'Associazione Nutrimente Onlus, spiega che quando un comportamento alimentare diviene ortoressico in maniera rigida bisognerebbe affrontare il problema con una buona psicoterapia. Un percorso che aiuta a individuare i benefici e le limitazioni di tale rigidità e al tempo stesso fornisce delle alternative più funzionali. In determinati casi la psicoterapia può essere affiancata da un approccio dietologico utile per correggere eventuali sindromi carenziali che possono insorgere, quali deficit vitaminici (carenza di vitamina b12, vitamina d, calcio, ferro, ecc.).


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