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Piede torto congenito, una nuova tecnica per curarlo

Piede torto congenito

Per guarire il Piede Torto Congenito (PTC) fino ad oggi bisognava ricorrere a delle tecniche spesso invasive e fastidiose per il bambino, oggi, grazie ad un'innovativa tecnica ortopedica adottata all'Ospedale Pediatrico Meyer, è possibile ridurre del 50 per cento il ricorso agli interventi chirurgici.

L'intervento tradizionale prevede l'applicazione graduale di gessi correttivi eseguiti con bende di materiale sintetico a rigidità controllata, una serie di operazioni che iniziano dai 15 giorni di vita fino agli 8-10 mesi. Solitamente però è quasi sempre necessario un intervento chirurgico che riguarda la correzione di una componente della deformità che risponde poco al trattamento gessato: l'equinismo. Successivamente il bambino è sottoposto ad un secondo ciclo di trattamento gessato che non deve mai essere inferiore ai 60-80 giorni ed un programma di tutorizzazione notturna fino ai 18 mesi di vita.

Grazie alla nuova cura, il Piede Torto Congenito (PTC) può essere corretto con un tecnica meno invasiva e fastidiosa per il bambino che abbina alla manipolazione fisioterapica un bloccaggio particolare: una scarpetta formata da nove pezzi di cerotto e una placchetta di plastica. Una terapia che permette al bambino di avere una completa libertà di movimento.

Questo metodo innovativo, utilizzato all'Ospedale Saint Vincent de Paul di Parigi, è stato messo a punto dal professor Seringe e dalla fisioterapista Regine Chedeville. Nel 2004 fu introdotto anche in Italia da Alessandra Novembri e Alessandro Pagliazzi, ortopedici pediatrici dell'Ospedale Meyer di Firenze. Da allora, questa tecnica è stata utilizzata con degli ottimi risultati su 68 bambini. La dottoressa Novembri ha evidenziato come ben il 57 per cento dei piccoli pazienti ha recuperato senza il ricorso all'operazione, un dato che allinea il nostro paese alla casistica francese.

Nei bambini affetti da PTC, finora l'ortopedia tradizionale poteva correggere la deformità applicando un apparecchio gessato che dalla coscia arrivava fino al piede e di fatto lo immobilizzava in un momento importante della sua crescita: dai 15 giorni di vita fino a 8-10 mesi. La dottoressa Novembri spiega che nella quasi totalità dei casi, inoltre, tolta l'ingessatura era necessario intervenire chirurgicamente per correggere la deformità.

L'esperta considera il metodo Seringe funzionale, nel senso che utilizza le manipolazioni dei fisioterapisti e non l'ingessatura. I vantaggi ottenuti da questa tecnica sono molteplici: il bambino è libero di muoversi in diverse ore del giorno, se va al mare può fare il bagno e se piange può sgambettare senza difficoltà. Non dovendo essere immobilizzato in gesso, con questa tecnica non c'è il problema dell'ipotrofia del polpaccio e del piede. Infine il ricorso all'intervento chirurgico è ridotto della metà.

Questa tecnica che va a correggere una deformità scheletrica piuttosto frequente (colpisce 2-3 bambini su 1.000) è stata diffusa in modo ampio dai due ortopedici pediatrici nella Regione Toscana. L'obiettavo di Novembri e Pagliazzi è quello di ampliarne la conoscenza a livello nazionale, per questo motivo il 26 giugno (2006) hanno tenuto un corso presso l'aula Magna dell'Ospedale Pediatrico Meyer rivolto agli specialisti provenenti da tutto il Paese, un evento che sarà replicato nel mese di ottobre.


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