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L'analisi dei denti fossili rivela il diverso percorso evolutivo dell'uomo rispetto agli altri primati

denti fossili - homo erectus

Si dice spesso che gli adolescenti di oggi non sanno aspettare a crescere; eppure il lungo periodo di crescita e sviluppo necessario all'uomo, 18 anni o più, è una delle caratteristiche che ci differenzia dalle scimmie antropomorfe come gli scimpanzé e i gorilla, che maturano in appena 11 o 12 anni. Oggi una nuova ricerca ci mostra che questa nostra caratteristica si è sviluppata piuttosto di recente nel nostro cammino evolutivo.

Attraverso l'esame di 13 frammenti dentali fossili, appartenuti ad esemplari vissuti tra i 4 milioni e i 120.000 anni fa, ed il oro confronto con dei denti moderni, Christopher Dean dell'University College di Londra e i suoi colleghi hanno potuto stabilire il ritmo di crescita dei nostri antenati. "Lo sviluppo dei denti è un buon modo per misurare la crescita e lo sviluppo generale" di un individuo, afferma Alan Walker dell'Università di Stato della Pennsylvania, uno dei collaboratori allo studio. "I denti, come gli alberi o le conchiglie, si accrescono in modo incrementale, conservando il ricordo del loro sviluppo per mezzo di piccoli segni lungo i prismi che compongono lo smalto".

I primi segni di uno sviluppo dentale tipico dell'uomo moderno risalgono ai resti fossili di un uomo di Neanderthal di 120.000 anni fa. Per di più, i ricercatori hanno scoperto che l'Homo erectus, a dispetto del suo aspetto molto simile a quello dell'uomo moderno (evidente nelle proporzioni del corpo, nel peso, e nei denti e nelle unghie di piccole dimensioni), non era caratterizzato da un lungo periodo di sviluppo. Questo fatto potrebbe essere legato alle ridotte dimensioni del cervello dell'Homo erectus, che non necessitava di tempi troppo lunghi per lo sviluppo e l'apprendimento. "Sembra che il lungo periodo di crescita e sviluppo che ci caratterizza sia un'acquisizione evolutiva sorta come necessità in seguito allo sviluppo di un cervello più grande ed evoluto", conclude Walker.

In una nota di commento allo studio, Jocopo Moggi-Cecchi dell'università di Firenze scrive: "Sta diventando sempre più chiaro che molte caratteristiche che si pensava fossero tipiche dell'uomo moderno possano essersi evolute in più di un'occasione". Questo studio, aggiunge, "apre una nuova sfida nella ricerca di testimonianze fossili di quelle caratteristiche che definiscono il nostro genere e la nostra specie".


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